Cronache marziane / Una riflessione (ironica) sulla raccolta indifferenziata che fa la differenz(iat)a
CRISTINA SALVATORE
Hanno fatto il giro del web le foto scattate da un cittadino campobassano che immortalava un compattatore della SEA mentre svuotava i cassonetti della differenziata senza distinguere (apparentemente) i vari materiali.
Riavvolgendo il nastro di questa storia controversa, che ha suscitato sgomento e indignazione da parte dell’opinione pubblica ligia al dovere civile, si può collegare il tutto alla gradita visita del Presidente del Senato della Repubblica, Pietro Grasso, a Campobasso.
Per i non addetti ai lavori, specifico che non stiamo parlando di un uomo qualunque ma di un ex magistrato che nella sua vita ha avuto a che fare con pattume ben più tossico di un cartone di pizza affrescato con mozzarella e funghi porcini. Parliamo di un giudice a latere nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Collaboratore fidato di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Uno che l’immondizia l’ha raccolta, selezionata e spedita nei contenitori speciali, dividendola tra un Calò, un Bagarella, un Riina e un Provenzano a seconda della specifica pericolosità ambientale.
Diciamo pure che un ex capo della Direzione Nazionale Antimafia come Grasso, all’ immondizia c’è abituato e non avrebbe avuto da ridire sulla presenza in strada di normalissimi contenitori per la differenziata.
Comunque, precisazioni doverose a parte, torniamo allo scalpore suscitato da queste foto. Non si capisce se lo stupore collettivo sia scaturito dal fatto che la SEA non differenziasse (apparentemente!) o se finalmente raccogliesse la monnezza.
E qui capisco davvero quei cittadini che non hanno mandato giù la presunta approssimazione della raccolta quando in casa loro lo spazio vitale è stato ridotto ai minimi termini per far posto a bustoni ricolmi di ogni materiale esistente nel cosmo.
La famiglia ecologica “tipo”, ad esempio, è provvista di stanze per gli ospiti occupate esclusivamente da sacchi per la divisione degli scarti. I bambini vivono in spazi risicati e limitati tanto che, per arrivare in bagno, tutte le mattine sono costretti a fare slalom e corse ad ostacoli degni di un atleta olimpionico. “Mamma, dove hai messo le mutande pulite?” “Sono accanto all ‘armadio, dopo la busta della carta, dietro quella del vetro, a sinistra della plastica, di fronte alle pile scariche, prima dell’olio fritto, sopra i medicinali scaduti!”.
Queste creature innocenti fanno prima a scendere nello scantinato e smistare tra i vestiti in disuso (che i genitori hanno destinato ai poveri) per riprendersi quello che era loro, di diritto.
Abbiamo a che fare con famiglie che, quando il bambino ha la nausea, non gli portano la bacinella davanti al letto, ma direttamente il sacco del compostaggio con i vermi vivi alla base. Perché tutto fa concime. La madre suprema, quando fa la ceretta, immediatamente si adopera per separare con la pinzetta ogni singolo pelo dalla striscia di cotone, perché la cheratina va nell’umido e il resto nella differenziata. Le unghie tagliate durante la pedicure vengono sotterrate nell’orto per dare vita a vigorose piante “incarnite”, per intenderci.
Ma la selezione ecologica non è così facile come sembra. Ad esempio, il nonno che getta la dentiera vecchia nel cassonetto della plastica sperando che dal riciclo possa venirne fuori un originale fermacarte, va fermato preventivamente.
Non si possono differenziare i rifiuti che presentano residui di materiale organico che potrebbe fermentare. Perciò il prezzemolo incastonato tra gli incisivi della protesi, se non eliminato attraverso accurato lavaggio, influisce drasticamente sulla decisione di adagiare la dentatura tutta nell’indifferenziata. È inutile buttare il barattolo di vetro nel cassonetto verde se al suo interno ancora sopravvivono le melanzane sott’olio del 1990; ogni contenitore va lavato con accortezza pignola e privato dell’etichetta di carta “Concettina, a nonna, magna durante l’Erasmus, sennò ti fai troppo secca”.
La carta unta, quella da forno e i cartoni della pizza, vanno classificati come “indifferenziata” al pari degli scontrini, dei fax e delle fotocopie.
Le scatolette di tonno vanno lavate fino a quando i cani molecolari non riescono più ad avvertire l’odore dei metalli pesanti presenti in mare.
Ma non bastano le buone intenzioni per ottenere risultati soddisfacenti. Bisogna cambiare totalmente il singolo stile di vita onde risparmiare risorse materiali del pianeta per non danneggiarlo.
La raccolta “porta a porta” necessita di qualcosa di più delle buone intenzioni. Qualcosa di più impegnativo della distribuzione di secchi colorati davanti ai portoni. È la sensibilità del singolo che va istruita e abilitata. Indirizzata.
Perciò, cari cittadini che durante le ricorrenze elargite chilate di parmigiana nei piatti di plastica per evitare il consumo di corrente di cui si bea la lavastoviglie, mettetevi in testa che i nostri avi, meno tecnologici e informati di noi, avevano ragione: la “scarpetta”, antica usanza tramandata nei secoli, è in fin dei conti l’unica soluzione più geniale ed ecologica di sempre. Ok, il sugo si annida sotto le unghie, ma in compenso la nostra “Nail Artist” avrà lavoro in eterno e il pianeta intero si sentirà un po’ più habitat e un po’ meno discarica abusiva.