San Giuliano di Puglia 12 anni dopo. Il commovente racconto di mamma Elena: “Mia figlia Giovanna sognava di fare la giornalista”
MARIA CRISTINA GIOVANNITTI
Un boato assordante, la terra trema e poi macerie, polvere e un forte odore di gas. Alla confusione è seguita la paura fatta di persone che scavano disperate a mani nude e il via vai delle ambulanze a sirene spiegate. Era la mattina del 31 ottobre 2002 e durante il terremoto con epicentro San Giuliano di Puglia, la scuola ‘Francesco Jovine’ crolla, uccidendo 27 bambini e una maestra.
Alle 11.32, dopo 12 anni, i 30 rintocchi riportano alla mente i drammatici ricordi di quella mattina in cui si è consumata la più grande tragedia per il Molise.
Il racconto di Elena Di Fiore, mamma di Giovanna, una delle bambine che a soli 10 anni ha perso la vita sotto le macerie della sua classe, la quinta elementare, è commovente e drammatico. Oggi sua figlia Giovanna sarebbe stata una bella 23enne dai capelli lunghi, con un fidanzato e probabilmente iscritta all’università con il sogno di diventare una giornalista. Invece Giovanna non c’è più.
Oggi 31 ottobre 2014, dodici anni dopo la tragedia in cui ha perso sua figlia Giovanna, come vive questo giorno? “Come ogni anno, si rivive la tragedia di quel giorno. Il mattino al cimitero alle 11 e 32 mi ricorda quel boato e il tremore della terra, la polvere intorno a noi, e io con altre mamme con il pensiero per i nostri figli, ma al contempo sicure di trovarli tutti fuori dalla scuola come ogni altro cittadino di San Giuliano fuori dalla propria abitazione. Così, andando verso il Parco della Memoria, incomincio a rivivere quel momento, rivedo la scuola crollata su se stessa, l’odore del gas e tutti i cittadini che cercavano di scavare anche solo con le proprie mani. La fiaccolata la sera mi ricorda le sirene delle ambulanze che svoltavano in direzione del Palazzetto dello sport e l’amara consapevolezza che, ogni volta che andavano lì, un altro bambino/a ci aveva lasciato”.
Che bambina era sua figlia? “Giovanna era solare, piena di vita e con la voglia di sperimentare cose nuove. Si faceva voler bene da tutti, era disponibile con tutti. Andava molto bene a scuola. Le piaceva giocare e stare al centro dell’attenzione”.
Che ragazza sarebbe stata oggi, quando la immagina ancora qui con lei? “Oggi avrebbe 23 anni. Mi piace immaginarla bellissima con lunghi capelli, magari fidanzata e sicuramente all’università come suo fratello e sua sorella. Mi diceva sempre che da grande voleva fare la giornalista”.
Cosa vi siete dette quella mattina prima che sua figlia entrasse a scuola? “Giovanna quella mattina non aveva tanta voglia di andare a scuola e lamentava un mal di pancia, io convinta che fosse soltanto un capriccio le risposi che se non andava a scuola neanche avrebbe festeggiato halloween la sera con i suoi compagni. Così lei andò, si mise lo zaino sulle spalle, mi chiese che cosa si mangiava a pranzo e mi salutò dicendo “ciao mamma ci vediamo dopo”.
Cosa e come ricorda i momenti di quella fatale mattina? “Momenti di disorientamento e di confusione. Camminando verso quella maledetta scuola per un attimo ricordo che scambiai la palestra (quell’anno dichiarata inagibile) per la scuola e tirai un sospiro di sollievo pensando: Bene la scuola è intatta, ora cerco mia figlia. Solo poi, andando più avanti, mi resi conto della catastrofe. Mi sono sentita sprofondare. Non riesco neanche ad immaginare cosa hanno vissuto i bambini, la loro paura, se ci hanno chiamate prima del loro ultimo respiro o se non si sono accorti di nulla. E poi ricordo che nelle ore successive c’è stato il caos totale: il paese si era riempito di Carabinieri, Vigili del Fuoco, Protezione Civile”.
Cosa le manca di più di sua figlia? “Mi manca tutto di lei. Le sue urla per casa, il suo sorriso, il suo broncio, il suo abbraccio e i tanti baci che mi dava e che delle volte mi sembravano troppi e che, invece, ora rivorrei tanto. Giovanna era una bambina affettuosa che voleva essere sempre coccolata”.
Il tempo ha lenito un po’ il dolore? “A distanza di 12 anni diciamo che il dolore si è attenuato ma non sparito. Abbiamo altri figli a cui pensare, i problemi quotidiani e il lavoro che possono distrarci, ma mi basta rimanere da sola e la mente torna al 31 ottobre 2002”
La sofferenza di una mamma per la perdita della propria figlia è inimmaginabile. Dove trova la forza per andare avanti? “Nessun genitore pensa di sopravvivere alla morte del proprio figlio, si pensa di diventare vecchi, vederli crescere e sistemati nella loro vita per poi lasciarli. Ma la vita non è cosi, la forza di andare avanti la troviamo sostenendoci l’un l’altro con l’amore e il sacrificio”.
Intanto voi genitori delle vittime vi siete istituiti come Associazione. Cosa avete fatto a livello giuridico in questi anni? “Dal 2002 ovviamente siamo stati presi dal processo penale che si è concluso nel 2011, attualmente in corso c’è il processo civile che con i tempi della giustizia italiana purtroppo terminerà tra qualche anno. Nel 2004 lanciammo una proposta di iniziativa popolare insieme a Cittadinanza attiva e all’Anp con l’obiettivo di far approvare una legge al Parlamento per mettere in sicurezza le scuole italiane. Purtroppo non raccogliemmo le 50 mila firme richieste e il progetto fu abbandonato”.
Che progetti avete? “Oltre a portare avanti le iniziative promosse in passato, attualmente abbiamo avviato assieme ad altre associazioni italiane (tra le quali la Casa dello studente dell’Aquila, la Thyssenkrupp, l’Associazione strage di Viareggio, l’Associazione il Mondo che vorrei di Vito Scafidi.. per nominarne solo alcune) una nuova campagna di sicurezza nelle scuole a livello nazionale”.
Pensa che sia stata fatta giustizia? “Giustizia? C’è stata soltanto la condanna ad alcuni anni di reclusione, alcuni condonati dall’indulto del 2006 e poi ciliegina sulla torta si è pensato bene di farglieli scontare ai domiciliari. Che sono stati condannati ci siamo, ma che non hanno fatto un giorno di carcere non mi sembra molto penalizzante, perché questi soggetti non prenderanno mai coscienza sull’accaduto, non si sentiranno mai realmente colpevoli. Anzi sono stati premiati, ognuno sul proprio posto di lavoro e a volte ti trovi faccia a faccia con loro e, quasi quasi sei tu che devi vergognarti”.
All’indomani della strage di San Giuliano in cui sua figlia è morta, qualcosa è cambiato nella sicurezza secondo lei? “Pochissimo. Si parla della sicurezza nelle scuole, sulle strade, su lavoro, ma ciò succede solo quando accadono stragi come quella di San Giuliano e le altre che purtroppo si sono susseguite in questi anni, seppur con modalità diverse, ma l’unica cosa che non cambia mai è l’atteggiamento dei nostri politici, bravi a fare promesse in quelle occasioni e altrettanto bravi a girare la testa altrove finita l’emergenza. Vari comuni in Toscana insieme all’appoggio dei loro politici sono riusciti a mettere in sicurezza oltre 30 scuole all’indomani della nostra tragedia, tutte inaugurate dalla nostra associazione con targhe a nome degli Angeli di San Giuliano”.
Come vede il futuro? “Tragico se l’essere umano non prende coscienza, iniziativa, e soprattutto non mette la sicurezza al primo posto. Non possiamo continuare in questa direzione, bisogna che le cose cambino per il bene nostro e delle generazioni future”.