Domenico Rotondi
Nei giorni scorsi durante la trasmissione televisiva ‘Report’ è stata trattata l’intera vicenda societaria che ha contrassegnato l’ultima stagione operativa della Fiat, storica azienda automobilistica italiana (Fabbrica Italiana Automobili Torino), conclusasi con la costituzione finanziaria della holding multinazionale Stellantis, con sede legale in Olanda.
Tale colosso economico internazionale, in quanto referente di numerosi marchi automobilistici (Abarth, Alfa Roma, Chrysler, Citroèn, Dodge, DS Automobilies, FIAT, Jeep, Lancia, Maserati, Opel, Peugeot, Ram trucks e Vauxhall), sta portando avanti, a detta di molti osservatori, una controversa politica aziendale volta sia all’accentramento tecnico-direttivo presso la sede francese della società con le rispettive declinazioni manageriali, sia alla delocalizzazione produttiva nell’ambito dei rinnovati distretti industriali rumeni, cechi e slovacchi. Sta di fatto che tale logica finanziaria rischia di oscurare, secondo quanto riportato da diverse fonti tecniche e giornalistiche, i termini dell’accordo siglato fra il Governo Draghi, i sindacati nazionali e Stellantis, diretto a confermare la produzione di quattro nuovi modelli elettrici di autovetture in Italia.
Una situazione paradossale che confermerebbe la linea francocentrica assunta recentemente dal Gruppo automobilistico, malgrado gli incentivi di Stato ricevuti in Italia negli ultimi anni. A tutto ciò si aggiunge che, poche settimane addietro, nella cittadina francese di Billy-Berclau, vicino al sito storico di PSA (noto come Peugeot) a Douvrin, è stata inaugurata la prima gigafactory aziendale, ossia la prima fabbrica che si occupa della produzione di batterie per le auto elettriche di Acc, società di Stellantis, TotalEnergies e Mercedes. Da qui le preoccupazioni espresse da Micaela Fanelli, consigliera regionale del Molise, la quale, nel ricordare la rilevanza strategica rappresentata dalla realizzazione della gigafactory a Termoli con un investimento di 3,6 miliardi di euro, ha rilevato l’inattivismo sia della Giunta molisana che del sindaco Roberti rispetto alla messa a punto di un programma di sviluppo cruciale per il destino del Molise, dal momento che la zona franca doganale, pure prevista nella suindicata area territoriale, non risulta essere ancora attiva.
Una congiunzione negativa che, peraltro, confermerebbe le problematiche evidenziate a più riprese dal mondo sindacale circa la piena salvaguardia dei livelli occupazionali nel polo industriale termolese.
Per le tali ragioni, bisognerebbe perseguire un’azione sinergica, da parte dell’intera classe dirigente regionale, volta a tutelare sia l’infrastrutturazione efficiente della Zona Economica Speciale nell’area adriatica che la straordinaria realizzazione della gigafactory termolese, evitando di prestare il fianco ai programmi speculativi nazionali ed internazionali.
Va da sé che la colonna vertebrale del tessuto produttivo molisano debba e possa rappresentare, nell’ambito dei sistemi territoriali del Meridione d’Italia, un ruolo innovativo, capace di collegare gli aspetti migliori delle realtà appenniniche con l’orizzonte costiero dell’economia euromediterranea.